Gigi Meroni

E LA FARFALLA SI POSÒ A GUARDARE
Di Marina B.

Erano trent' anni che la farfalla di un ormai tenue color granata, con un sette disegnato sul piccolo dorso si posava sui mattoni rimasti di uno stadio che fu.
Rivedeva ogni volta quel ragazzo dal dribbling veloce che correva su un prato che non c' era più. Aveva i baffi e un'aria scanzonata e volteggiava nell' aria proprio come una farfalla.
Poi un destino crudele gli spezzò le ali e non rimase che il suo battito nel vento.
Ma quella farfalla continuava a volare nell' eternità sognando ancora quel dribbling travolgente, il gol di prepotenza e l' amore della gente. Vedeva ancora gli spalti gremiti di tifosi innamorati e le bandiere sventolanti.
Ora in quel campo non era rimasto più niente, solo mattoni spezzati qua e là.
Ma c' era ancora qualcuno che passando per corso Re Umberto si fermava davanti alla sua foto sbiadita per portare un fiore fresco.
Gli anziani ancora si commuovevano. I più giovani non l' avevano mai visto, ma l' amavano per come era stato raccontato. Un calciatore diverso, dalla faccia disordinata di un poeta e di un artista di strada.
I suoi sgargianti vestiti come le ali di una farfalla, quella farfalla in cui si era trasformato nella memoria.
Ora volteggiava e si posava su quei piccoli ciuffi d' erba rimasti a ricordare un fulgido passato ormai sepolto dall' amarezza.
Un colore appassito dall' arroganza umana. Un colore che sulla sua pelle s' era posato come un gioco di luce e armonia. Un colore rimasto nell' anima di chi l' aveva amato.
Gigi Meroni, un giorno come un altro a ricordarti, trent' anni dopo la tua scomparsa. Ancora vivo, ancora impossibile da dimenticare, come una leggenda che si racconta con una lacrima che sgorga dall' anima.
E la farfalla tornò a volare nel cielo sempre più in alto, sempre più lontano, come un volo di libertà, la tua libertà di ragazzo che sognava col pallone al piede e il pennello a disegnare mondi diversi.